4ª DOMENICA di QUARESIMA – ANNO A

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Canto

 

Atto penitenziale

Signore Dio nostro, la vita di tuo Figlio è la luce degli uomini ma le nostre tenebre non l’hanno accolta: abbi compassione di noi.
Signore, pietà!

Cristo Signore, tu sei venuto perché coloro che non vedono vedano, ma noi non ci riconosciamo ciechi: abbi misericordia di noi.
Cristo, pietà!

Spirito santo, Signore, tu sei la luce che ci guida alla piena verità, ma in noi non dimora la parola di Gesù: abbi pietà di noi.
Signore, pietà!

 

Colletta

Preghiamo.
Ciascuno formula in silenzio la propria intenzione di preghiera.

O Dio, Padre della luce, che conosci le profondità dei cuori, apri i nostri occhi con la grazia del tuo Spirito, perché vediamo colui che hai mandato a illuminare il mondo e crediamo in lui solo: Gesù Cristo, tuo Figlio, nostro salvatore. Egli è Dio, e vive e regna con te e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.

 

LITURGIA DELLA PAROLA

 

Prima Lettura    1Sam 16,1.4.6-7.10-13

Dal primo libro di Samuele
In quei giorni, il Signore disse a Samuele: «Riempi d’olio il tuo corno e parti. Ti mando da Iesse il Betlemmita, perché mi sono scelto tra i suoi figli un re». Samuele fece quello che il Signore gli aveva comandato.
Quando fu entrato, egli vide Eliàb e disse: «Certo, davanti al Signore sta il suo consacrato!». Il Signore replicò a Samuele: «Non guardare al suo aspetto né alla sua alta statura. Io l’ho scartato, perché non conta quel che vede l’uomo: infatti l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore».  Iesse fece passare davanti a Samuele i suoi sette figli e Samuele ripeté a Iesse: «Il Signore non ha scelto nessuno di questi». Samuele chiese a Iesse: «Sono qui tutti i giovani?». Rispose Iesse: «Rimane ancora il più piccolo, che ora sta a pascolare il gregge». Samuele disse a Iesse: «Manda a prenderlo, perché non ci metteremo a tavola prima che egli sia venuto qui». Lo mandò a chiamare e lo fece venire. Era fulvo, con begli occhi e bello di aspetto.
Disse il Signore: «Àlzati e ungilo: è lui!». Samuele prese il corno dell’olio e lo unse in mezzo ai suoi fratelli, e lo spirito del Signore irruppe su Davide da quel giorno in poi.
Parola di Dio. Rendiamo grazie a Dio.

 

Salmo responsoriale  dal Salmo 22 (23)

Rit. Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.
Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l’anima mia.
Rit.
Mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.
Rit.
Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.
Rit.
Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni.
Rit. Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.

 

Seconda Lettura    Ef 5,8-14

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini
Fratelli, un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità.
Cercate di capire ciò che è gradito al Signore. Non partecipate alle opere delle tenebre, che non danno frutto, ma piuttosto condannatele apertamente. Di quanto viene fatto in segreto da [coloro che disobbediscono a Dio] è vergognoso perfino parlare, mentre tutte le cose apertamente condannate sono rivelate dalla luce: tutto quello che si manifesta è luce. Per questo è detto: «Svégliati, tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà».
Parola di Dio. Rendiamo grazie a Dio.

 

Canto al vangelo         Cf Gv 8,12

Gloria a te, o Cristo, Verbo di Dio!
Io sono la luce del mondo, dice il Signore;
chi segue me, avrà la luce della vita.
Gloria a te, o Cristo, Verbo di Dio!

VANGELO   Gv 9,1-41

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gloria a te, o Signore.

In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo».
Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.
Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me lo ha spalmato sugli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so».
Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!».
Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.
Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane».
Parola del Signore. Lode a te o Cristo.

 

La professione di fede

Io credo in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra;

e in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte; salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente; di là verrà a giudicare i vivi e i morti.

Credo nello Spirito Santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne, la vita eterna. Amen.

 

 

Io sono venuto
in questo mondo
perché coloro che
non vedono vedano

 

 

La nostra preghiera di oggi

Fratelli e sorelle preghiamo Dio, nostro Padre, mentre riviviamo i misteri del suo amore.

  • Quando ci sentiamo soli, quando i rapporti fraterni sembrano morti,
    – metti in noi la luce del tuo Spirito che è comunione.
  • Nei giorni di malattia, nostra o degli altri, quando ci domandiamo «Perché?»,
    – metti in noi la luce del tuo Spirito che rivela il mistero.
  • Quando il dubbio ci assale, quando dubitiamo di te e di noi stessi,
    – metti in noi la luce del tuo Spirito che imprime forza e saldezza.
  • Quando agiamo per tornaconto, quando ci illudiamo di bastare a noi stessi,
    – metti in noi la luce del tuo Spirito che è accoglienza e condivisione.
  • Quando facciamo memoria delle nostre sorelle e dei nostri fratelli defunti, oggi in particolare di Moreno, Rina e Mirca.
    – metti in noi la luce del tuo Spirito che ci apre sempre alla Speranza.

(Tutti): Signore, nel tuo Figlio Gesù Cristo, hai aperto gli occhi al cieco nato, guarisci e dissipa nei tuoi figli le tenebre della nostra vita. Prendici per mano e guidaci alla luce del tuo volto. Per Cristo nostro Signore. Amen.

 

Canto all’offertorio

Santo

Agnello di Dio

 

Antifona alla comunione

Prima di accostarci al Pane Eucaristico, facciamo memoria del Pane della Parola che abbiamo ricevuto dicendo insieme:

Il Signore ha spalmato un po’ di fango sui miei occhi. Sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista. (Cf. Gv 9,11)

 

Comunione

 

Canto finale

Per la preghiera a casa

Orientamenti per la preghiera
Leggere nella bibbia: Gesù luce del mondo e la cecità dei farisei: Giovanni 12,20-50; la luce del battesimo: Efesini 5,1-20.

Letture di domenica prossima, V del tempo di Quaresima
Ezechiele 37,12-14; Salmo 129; Romani 8,8-11; Giovanni 11,1-45.

L’incontro con Gesù‑luce
La chiusa dì questo brano del Vangelo è chiara. Gesù dice: Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite «noi vediamo», il vostro peccato rimane. Vedere, quindi, vuol dire riconoscere le opere di Dio. Esaminiamo dunque secondo questa prospettiva il brano evangelico di oggi. Se ci si volesse fermare solo alla guarigione del cieco nato e ai momenti che la caratterizzano, sarebbe interessante riscontrare nei vari personaggi che via via intervengono nel corso della narrazione, uno spaccato dell’attuale società di fronte all’evento Cristo.
Vi è il cieco nato che, consapevole della trasformazione operata in lui da Gesù, lo riconosce come Messia: «Io credo, Signore! E gli si prostrò innanzi». Vi sono i genitori del cieco che non possono negare il miracolo, ma per paura, per opportunismo, per non scontrarsi con chi detiene il potere e può emarginarli, si defilano da ogni responsabilità, da ogni presa di posizione che li possa compromettere («Chiedetelo a lui, ha l’età»). Vi è la gente curiosa come sempre, di fronte a un avvenimento straordinario che la eccita, che la scuote dal suo torpore, dalla routine quotidiana, ma poco disposta a leggere «dentro» il fatto che l’ha per un momento interessata («È quello che chiedeva l’elemosina … »); essa più in là di questo non va. Vi sono poi gli avversari, coloro che per partito preso anche davanti all’evidenza condannano tutto e tutti, non rifuggendo neppure dall’insulto («Sei tutto nei peccati e vuoi insegnare a noi»), convinti come sono di essere loro i depositari della verità e del volere di Dio.
Questi ciechi terribili ci sono sempre: i ciechi sono coloro che dividono il mondo in quelli che sanno e quelli che non sanno, e loro sono sempre dalla parte dei primi. Gente terribile, dice Gesù, perché «se foste ciechi non avreste peccato, ma siccome dite di non esserlo il vostro peccato rimane». Da chi è stato direttamente giudicato il Cristo se non da questi ciechi che credono di vedere?
In questo brano egli dice: «Io sono venuto nel mondo per giudicare, perché coloro che non vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi». Questo cieco è venuto al mondo affetto dalla cecità (l’umanità è nel mondo affetta dal peccato), affinché in lui si rivelino le opere di Dio, affinché mediante il Cristo l’umanità sia chiamata alla salvezza, alla luce della vita. Il procedimento mediante il quale l’uomo giunge alla salvezza è l’incontro con Gesù di Nazaret, colui che l’evangelista Giovanni annuncia nel prologo come Verbo di Dio e «luce vera», ma del quale si compiace di dire tutta la concretezza dell’esperienza di umana comunione («le nostre mani lo hanno toccato»).
Questo incontro dunque non può che presumere nell’uomo la coscienza della sua cecità, della congenita incapacità a salvarsi se Dio stesso non gli porge, come dono, la salvezza. Pure, bisogna tener presente che per poter cogliere il dono della salvezza ci deve essere in noi la consapevolezza del bisogno di essere salvati. Par quasi un dilemma insolvibile: per salvarci dobbiamo sapere che esiste la salvezza, ma siamo incapaci di «vedere» e perciò di salvarci.
Ecco allora che possiamo capire meglio il senso della prima lettura, quando è eletto il giovane, colui che non essendo ancora nessuno si lascia più facilmente plasmare dal disegno divino e può orizzontarsi solo alla luce del Signore. Il cieco avrà certo colto in tutto il suo splendore l’opera di Dio perché mai aveva avuto modo di contemplarla e di assuefarvisi fino a non vederla più, come succede a noi, come succedeva ai farisei con la legge di Dio che scrutavano talmente da perderne oramai la capacità di comprensione anche in presenza di un fatto così eclatante come un miracolo. Gesù che compie questo miracolo è il Gesù che si sta ormai avviando alla conclusione della sua missione e lo annuncia: «Dobbiamo compiere le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte…».
Anche per noi verrà la notte ma l’incontro con Gesù ci ha dato la possibilità di essere figli della luce, e perciò di risvegliarci, domani, nella sua luce, quella che lo cingeva sul Tabor e che raggiava dal suo corpo di risorto, nel mattino di pasqua.